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Il percorso per arrivare a destinazione è stato difficile, e questo avrebbe dovuto mettermi in guardia; quando la porta si è aperta sono entrata in una scena che deve aver galleggiato da qualche parte nei miei sogni.

Tutto è bianco, le pareti, i soffitti, i pavimenti con sporadiche eccezioni: un pannello, rosa-Schiapparelli sul lato dell’ingresso e bianco dall’altro, raccoglie lo spazio del soggiorno con le finestre affacciate sul gigantesco edificio rosa intenso del liceo Deledda. Quei due rosa diversi ma intonati si corrispondono in un morbido accordo che fa vibrare il candore dell’interno.

Sul soffitto tralci di fiori affrescati all’inizio del secolo sono stati separati dal loro antico contesto pittorico e immersi nello stesso bianco puro delle pareti. Della grazia antica del dipinto è stata conservata solo l’anima, liberata dal peso dello sfondo e delle decorazioni di maniera che l’avevano accompagnato. Qualche verso perfetto separato da un sonetto noioso.

Tutto l’appartamento è una narrazione poetica, con finte, trabocchetti per lo sguardo, pannelli che, come certe parole, suggeriscono un’idea smentita da quella seguente o chiarita dalla frase successiva. Lo sguardo è condotto lungo percorsi inediti: la definizione degli spazi, con morbida violenza, costringe a soffermarsi su visuali o particolari che sarebbero altrimenti sfuggiti.

Sul percorso che conduce a una camera da letto c’è un altro tocco di colore – un giallo quasi ocra – su una delle facce di un pannello di separazione tra spazio pubblico e spazio privato: un punto esclamativo colorato che indica la parte più intima della casa. Sul soffitto della stanza due tralci di roselline asimmetriche sono legate da un nastro che evolve intorno a due quinte rigide, evocando così nitidamente i tendaggi di un’alcova da farle sembrare morbide sentinelle di sonni futuri.